Scaldarsi a tavola durante l’inverno: la parola d’ordine è Nabemono. Quando le temperature scendono e il freddo diventa intenso e pungente, non c’è niente di meglio di un buon piatto fumante per scaldare sia lo stomaco che lo spirito. In Giappone esiste una vera e propria cultura, rappresentata dal cosiddetto Nabemono. Questo termine nasce appunto dall’unione delle due parole nabe (pentola) e mono (cose): in pratica si tratta di una pentola di argilla o di ferro che viene sistemata sopra ad un fornello a gas e messa in mezzo alla tavola. All’interno della pentola viene fatto sobbollire un brodo, al quale vengono poi aggiunti diversi ingredienti crudi come carne, verdure, pesce e funghi tipici della stagione invernale, che vengono tirati fuori dalla pentola e consumati via via che la cottura procede. Prima di essere mangiati, vengono quasi sempre guarniti con vari tipi di salse per conferire agli ingredienti un sapore ancora più gustoso  e deciso. Si tratta quindi di un pasto tipicamente casalingo ed informale, che invita i commensali alla condivisione di piacevoli momenti di tranquillità.

Shabu Shabu: la versione più popolare

Una delle varietà più conosciuta di Nabemono è quella che viene chiamata Shabu Shabu. Stiamo parlando di fettine di carne (di solito manzo) e verdure, che vengono bollite insieme all’interno di un brodo dashi per poi essere intinte in varie salse, come quasi sempre accade nella cucina giapponese. Alla fine della cottura, il brodo sarà talmente saporito da poter essere consumato anche con dei noodles, diventando quasi una sorte di Ramen. Anche per quanto riguarda lo Shabu Shabu esistono molteplici varianti, che possono essere sia a base di pesci che di crostacei. In campo sportivo prettamente nipponico, una versione di questo piatto è il Chanko Nabe: questo è il piatto preferito dai lottatori di sumo grazie alla presenza di tante proteine derivanti da carne, pesce e uova oltre che dalle verdure. In questo particolare tipo di piatto, la caratteristica importante è che tutto viene arricchito da ingredienti dosati in modo più abbondante e da grandi porzioni di riso servite a parte.

Motsunabe: la versione del Giappone meridionale

Nella parte a sud della terra del Sol Levante, il Nabemono viene servito in maniera un po’ diversa rispetto alla ricetta originaria. Gli ingredienti principali sono la trippa di manzo o di maiale e le verdure, che vengono cotte nel brodo. Al tutto viene aggiunta una generosa dose di aglio e di peperoncino, conferendo al piatto un sapore estremamente deciso; di solito viene accompagnato dall’umeshu, il caratteristico liquore a base di patate dolci.

Street food invernale. Il freddo si sente soprattutto quando ci troviamo all’aperto e allora perché non scaldarsi con del bollente street food? Il pezzo forte in questo caso è l’Oden, ovvero una minestra a base di brodo dashi arricchito da tofu, uova sode, daikon, ganmodoki (una sorta di polpetta con tofu, uova e verdura), konnyaku (gelatina vegetale), komaboko (polpette di pesce), kabocha (un tipo di zucca) e tanti altri ingredienti.

Cucina giapponese, le zuppe

Nella cucina del Sol Levante esiste un piatto che ricorda in qualche modo le nostre zuppe calde: stiamo parlando del Ramen. Si tratta di un brodo di carne – di pollo oppure di maiale – o di pesce, dei noodles di frumento (i tipici tagliolini versione nipponica) e diversi ingredienti tra i quali possiamo trovare uova sode, alghe, pezzi di carne o di pesce bolliti e verdure di vario genere. Inoltre il sapore del Ramen può essere reso ancora più appetitoso attraverso l’uso di spezie come lo zenzero, il saké, la salsa di soia, il miso. Solitamente questo piatto viene servito in ciotole di ceramica con decorazioni caratteristiche, un coperchio per mantenere il calore della zuppa ed un cucchiaio, anch’esso di ceramica. Originariamente, il Ramen sarebbe nato in Cina ma successivamente è entrato a pieno titolo tra i piatti nazionali giapponesi al punto che nel 1994 a Yokohama è stato aperto anche un Museo del Ramen.

Gli ingredienti principali alla base del Ramen

I due elementi imprescindibili di questa zuppa sono le tagliatelle e il brodo. Le tagliatelle sono fatte con la farina di frumento, il sale ed uno specifico tipo di acqua alcalina chiamata kansui che conferisce il colore giallognolo e la consistenza soda a questo tipo di pasta; in alcuni casi, al posto di questo genere di acqua, vengono usate le uova. La forma dei noodles non deve rispettare canoni categorici, infatti possono essere più o meno lunghe, sottili o spesse, dritte o ondulate. Anche per quanto riguarda il brodo, le possibilità sono molteplici: può essere di carne e quindi a base di pollo, manzo o maiale, oppure di pesce come tonno, alghe o sardine; per aggiungere un ulteriore tocco di sapore, il brodo può essere aromatizzato attraverso l’uso di funghi, cipolle, cavoli, carote, germogli, semi di bambù, aglio, miso, zenzero, semi di sesamo, curry e così via a seconda dei propri gusti e della fantasia di chi prepara il piatto.

Le varianti della zuppa giapponese

Come detto, gli ingredienti da poter usare e mescolare tra loro sono davvero tanti e di conseguenza lo sono anche i tipi di Ramen da poter servire, ma vediamo quali siano i più diffusi. Il Ramen Tonkotsu è un brodo di ossa e carne di maiale cotte per tanto tempo, con tagliatelle lunghe e sottili condite con olio nero, aglio e semi di sesamo saltati in padella. Il Ramen Shio è più chiaro grazie alla base di carne di pollo mischiato al pesce, anche qui le tagliatelle sono lunghe e dritte condite con alghe, salsa di soia e prugne sott’aceto. Il Ramen Miso può essere fatto sia con il pesce che con il pollo, le tagliatelle sono spesse e arricciate e hanno un sapore tendenzialmente dolce grazie alla guarnizione di burro, porro, fagioli e cavoli. Il Ramen Shoyu appare scuro perché è fatto con manzo e salsa di soia, le tagliatelle arricciate sono condite con alghe, germogli di bambù, fagioli, uova sode e spezie piccanti conferendogli un sapore piuttosto intenso e deciso.